
PREPARATIVI PER LE CELEBRAZIONI IN ONORE DI S. ANTONIO – A MERCATO SAN SEVERINO
S. Antonio di Padova è una figura emblematica, carismatica e ieratica – la cui devozione è molto sentita, da tempi remoti, a Mercato San Severino. Anche a livello internazionale e nazionale, si tratta di uno dei santi più venerati – nell’attuale società. Sempre per San

Severino, il culto verso quest’uomo, dalla vita particolarmente avventurosa ed intrigante, si fonde e si moltiplica nella fede verso altri santi protettori e/o patroni: S. Vincenzo Ferreri; la Madonna del Rosario; S. Rocco. Appunto protettori dell’antico Stato di Sanseverino [sic!]. Per le frazioni, inoltre, si “aggiungono” (alla pietà e fede popolari) devozioni verso S.

Pasquale; S. Vincenzo Martire; S. Magno; S. Anna; S. Luigi e così via. Tutto ciò rientra nella prestigiosa storia della cittadina, ricca di spunti di eventi bellici e/o culturali. A partire dalla conquista normanna, con Troisio e Angerio de Rota (poi de Sancto Severino) impegnati nella fondazione della San Severino medievale. E nell’istituzione della nobile schiatta dei Sanseverino. La famiglia più rappresentativa dell’intero Mezzogiorno d’Italia.

Mentre l’antichissimo nucleo di Rota – nodo strategico per i commerci e i traffici, verso la via Apuliarum (delle Puglie) o verso la Popilia; l’Emilia; la Corfinia – era già fiorente nella Latinità. Come afferma la denominazione di stazione “di pedaggio” – ove pagare la tassa del Rotaticum. E anche in precedenza, con le civiltà osche e sannite – ma non soltanto. A testimonianza di vicissitudini ricche di fervori e onori. Tra le aree maggiormente ancestrali di San Severino, purtroppo – a volte – ancora in pessime condizioni (nonostante l’impegno

delle amministrazioni comunali di questi ultimi anni), vogliamo ricordare il sito di S. Marco (o S. Maria) a Rota – ubicato a Curteri. Zona antichissima. Ma altre aree “originarie”, cioè degli albori; alle fondamenta di questo centro (ossia quali nuclei storici di Mercato San Severino) sono via Porta Rotese; via degli Orefici e qualche quartiere di lignaggio come Li Carraturi e la Torre Marcella. Torniamo ai santi: mentre S. Rocco, la Madonna del Rosario e S. Vincenzo Ferreri costituiscono “oggetto” di fede, in tutte le realtà afferenti al vecchio Stato di San Severino (Penta e Siano, per S. Rocco, ad esempio) essendo mutuati dalle dominazioni più eclatanti, S. Antonio si è ritagliato un posto importante – nella credenza popolare della gente semplice, popolante San Severino – con la sua umiltà e nel silenzio. Un po’ come S. Giuseppe, insomma. È un santo “buono”, carismatico – ma non come padre Pio, apparentemente burbero (come sappiamo). Un santo popolare, era – invece – Antonio; legato alla carità, ai panini – da distribuire ai poveri. Al pane benedetto. Infatti, ancora adesso, il convento sanseverinese a lui dedicato – in occasione del 13 giugno (ricorrenza del santo, nel suo “dies natalis” al Cielo) – contempla un ricordo o memoriale della carità antoniana, benedicendo il pane – per l’appunto. Poi donandolo ai tantissimi fedeli che accorrono ogni anno, sempre più numerosi. Pandemia a parte, s’intende. Altri santi e/o taumaturghi onorati (anche, ma non solo) nel Sanseverinese (sia al capoluogo Mercato che in altre località) sono iconologicamente e iconograficamente rappresentati – tra i segni della pietà popolare – con alcuni elementi: il mostacciolo per S. Francesco (che ne era ghiotto), l’aringa o l’alice per S. Tommaso, goloso di tale alimento e così via. Inoltre, il santo del 13 giugno è raffigurato anche con il giglio. Come S. Luigi Gonzaga, del resto. Anch’egli venerato a giugno. Tale fiore è simbolo di purezza, castità, candore. E S. Antonio è inoltre correlato ai bambini, che – per l’occasione – indossavano (un tempo) l’abitino apposito. Infine, protegge le cose smarrite – da ritrovarsi celermente – e tende l’orecchio e le mani misericordiose verso le ragazze in età da marito. Affinché possano presto trovare “l’anima gemella”, in modo da contrarre un matrimonio sereno – si spera indissolubile. La sua esistenza terrena, dicevamo, fu molto travagliata – ricca di viaggi ed avventure, “lungo” (diciamo così) gli insegnamenti del Vangelo. Sempre alla luce del messaggio cristiano ed evangelico, ecclesiastico. Ecco qualche cenno sintetico – a mo’ di sunto – riguardo proprio la vita di S. Antonio. Innanzitutto, non è (non era) originario di Padova. Nacque a Lisbona – Portogallo – in via Belen (Betlemme, “casa del pane” – in ebraico). Presumibilmente il 15 agosto. La data – l’anno – appare, invece, più certa: il 1195. Era stato battezzato col nome di Fernando – secondo alcuni, “portatore di pace”: dal verbo latino Fero, fers, tuli, latum, ferre. Cambiò denominazione, mutuando l’onomastica, in onore di S. Antonio abate (17 gennaio). Entrò in un convento agostiniano dedicato a S. Vincenzo – all’età di 15 anni; si spostò, in seguito, a Coimbra. Qui si formò, studiando – oltre alla Teologia e alle scienze religiose – anche discipline umanistiche: Lettere, Esegesi biblica e altro. Nel 1220, ecco la svolta “francescana”: Fernando-Antonio viene a conoscenza dell’operato dei Francescani in Italia; lascia improvvisamente gli Agostiniani e si pone alla sequela di S. Francesco, il “poverello d’Assisi”. Parte, come missionario, per l’appunto francescano, alla volta del Marocco – ispirandosi alla visita di S. Francesco al sultano. Una volta giunto in Marocco, ecco che gli sovviene una malattia – che gli impedisce di proseguire la missione di evangelizzazione. Tenta quindi di rimpatriare, ma la nave naufraga fino in Sicilia. Da qui, arriva in Assisi. Conosce – dunque – S. Francesco, viene indirizzato in Romagna – nell’eremo di Montepaolo (Forlì). In tal luogo, emergono la sua vasta cultura biblica e l’eloquenza raffinata, da predicatore. E così egli diverrà, in Italia e all’estero – particolarmente in Francia. Poi si stabilisce a Padova, ove muore prematuramente nel 1231. Dopo la canonizzazione, riceve anche il titolo onorifico di “dottore della Chiesa”, come il “sanseverinese” Tommaso d’Aquino; come Agostino d’Ippona e – tra le poche donne insignite da questo titolo – come Teresa d’Avila e Caterina da Siena. Si narra che – molti anni dopo la morte di Antonio – si voleva esumare il corpo. All’apertura del sacello, fu ritrovata – a mo’ di reliquia – la sua lingua completamente intatta, non decomposta. La chiesa/convento di S. Antonio a San Severino ha origini antiche, risalenti – secondo molti storici locali, quali don Ottavio Caputo; Gino Noia; il professore Rescigno ed altri – alla seconda metà del 1300. La fondazione avviene, con bolla papale di Innocenzo VI, il 6 agosto del 1358. Dapprima vi erano un convento francescano e – soprattutto – una chiesetta precedente (appunto), dedicata alla SS. Annunziata. Nel 1760, ecco la denominazione; l’intitolazione a S. Antonio di Padova. Oggigiorno, la chiesa e l’annesso convento di S. Antonio sono stati e/o sono ancora (almeno in parte) in fase di restauro. Sono comunque beni architettonici molto belli, ricchi di connotazioni artistiche e culturali – oltre che luoghi di culto pregnanti e sfarzosi. Secondo gli studiosi, l’impiantito originario del bene – ovvero la chiesa trecentesca – era in stile gotico, con tre navate. Poi, ecco vari rimaneggiamenti – nel corso della storia del complesso: da una navata unica e ampia, con cappelle laterali, si giunge all’attuale forma. Cioè seicentesca, con sfarzose decorazioni – anche se persistono elementi costruttivi gotici, molto rilevanti. Tantissime le opere artistiche – molto preziose e peculiari – presenti in questo complesso: dipinti (tra 1600 e 1700) attribuiti a Giovan Battista de Mari, a Francesco Solimena, a Giovanni Bernardo Lama; opere allegoriche (ad esempio, sotto il soffitto) a cura di Michelangelo Ricciardi – 1731. E tanto altro. Tra cui il mausoleo di Tommaso III Sanseverino, del secolo XIV – attribuito alla scuola di Tino da Camaino. È sostenuto dalle quattro virtù cardinali, raffigurate tramite persone alate scolpite: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Per alcuni, è rappresentata la fede – che è, invece, una virtù teologale. Con speranza e carità. Arrivando ai nostri tempi, ecco che le statue di S. Antonio – una è denominata “fantoccio” – sono sempre molto venerate, a Mercato San Severino. Si tratta di un santo invocato e amato. Da tempo immemore, i fedeli lo celebrano con iniziative e manifestazioni – sia religiose che laiche. Anche per il 2023, dopo gli anni bui e surreali della pandemia, si prevedono molteplici appuntamenti in programma. Grazie alla generosità degli stessi fedeli – non soltanto parrocchiani – e all’operosità e all’attivismo di portatori e iscritti ai cenacoli e/o ai comitati festa, appositamente istituiti. Tra le realtà maggiormente attive, per onorare Antonio, vanno segnalati – tra gli altri – gli “araldini”, i membri della Caritas interparrocchiale, i bambini del catechismo coi loro genitori, gli stessi catechisti. E tutti i gruppi orbitanti attorno alla realtà religiosa. Come pure devono essere ricordate le donne “sarte” di S. Antonio, che con pazienza – tutte insieme, tra una parola e l’altra – realizzano, durante l’anno, veri e propri capolavori di cucito e di altre “arti minori”; prettamente domestiche e donnesche. Fervono, quindi, alacremente i preparativi per degnamente festeggiare il taumaturgo. Tra le iniziative, ecco il consueto “mercatino della solidarietà” – a cura dei giovanissimi frequentatori e altri eventi. Quest’anno, il cartellone di kermesse va dal 31 maggio – quando è iniziata (solennemente) la cosiddetta “tredicina”, cioè una novena di tredici giorni, rivolta al santo – al 18 giugno prossimo. Tra gli happening maggiormente degni di nota: le Messe di domenica 11 giugno – alle 8, 9.30, 11 – e la processione del Corpus Domini, sempre domenica 11, con partenza da S. Antonio. Occorre ricordare che il Corpus Domini – ovvero: il Corpo del Signore – è la processione più importante di tutte. Infatti, è proprio Gesù Eucarestia – il Santissimo – a percorrere le strade della cittadina. Non un simulacro qualunque. Proseguendo, lunedì 12 giugno alle 19 ci sarà la liturgia eucaristica, con la benedizione dei fazzoletti con l’effigie del santo e la celebrazione del Transito di Antonio di Padova. Martedì 13, solennità del taumaturgo, le Messe saranno officiate alle 7, alle 8, alle 9, alle 10 e alle 11.30. In particolare, alle 10 si terrà la classica; consueta Messa dei bambini. Tradizionalmente sul sagrato antistante la parrocchia. Un appuntamento da non perdere – nemmeno stavolta. Anche perché la funzione verrà presieduta dall’arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, Andrea Bellandi. Sono, infine, previste delle messe alle 18.30 – per coloro che portano il nome di Antonio, Antonello, Antonietta, Antonia, Antonella – e alle 20, con i portatori delle statue. Per tutta la giornata sarà distribuito il pane benedetto. Grazie ai volontari dei diversi ambiti parrocchiali e non. Sabato 17 giugno, alle 21, si terrà uno spettacolo a cura del sodalizio “Terra e fuoco” – con “A paranza ro Lione”. Domenica 18 giugno, tra gli eventi più particolari segnaliamo il gran concerto bandistico delle ore 8 – con l’associazione “Città di Lanciano – Fernaroli” (diretta dal maestro Michele Milone), che poi si snoderà per le strade principali di San Severino. Alle 19, conclusione col botto, grazie alla processione in onore di S. Antonio. Sempre accorsata e partecipata. Infine, vi saranno i tradizionali fuochi pirotecnici. È da sottolineare che le luminarie e gli apparati, sia in qualità di addobbi floreali che di strutture logistiche, tendono sempre a valorizzare – come in passato, del resto – la grandezza e di un santo umile e vicino alla gente. Accanto al “suo” popolo, il popolo di Dio.
ANNA MARIA NOIA