SALERNO BAROCCA
“In cordis cordae”
Presenta
Sia Maledetto Amor
Cantate e Duetti di
Alessandro Scarlatti, Agostino Steffani e Georg Friedrich Haendel
Antonello Dorigo controtenore – Massimo Di Stefano basso
Marius Bartoccini clavicembalo
Salerno, venerdì 17 giugno ore 20 Chiesa di San Giorgio via Duomo,19 INGRESSO : biglietto intero euro 12 – ridotto euro 8
Info:emioliaaps@gmail.com;cell.3381094280;@emiolia.aps(INSTAGRAM); @emiolia.aps(FACEBOOK)
Salerno Barocca: Sia maledetto amor
Venerdì 17 giugno V appuntamento della stagione concertistica “In cordis cordae” promossa dall’Associazione Culturale Emiolia, che proporrà nella chiesa di San Giorgio, alle ore 20, cantate di Scarlatti, Steffani ed Haendel
Continua con buon apprezzamento di critica e pubblico, la rassegna concertistica dell’ Associazione Culturale Emiolia, presieduta dal controtenore Pasquale Auricchio. Una serata particolare, con brani di raro ascolto, per il V appuntamento del cartellone della stagione concertistica 2022 dal titolo “In cordis cordae”, in collaborazione con l’Arcidiocesi salernitana, col patrocinio morale del Comune di Salerno, nella Chiesa di San Giorgio, alle ore 20, vedrà protagonisti il controtenore Antonello Dorigo, il basso Massimo Di Stefano e il clavicembalista Marius Bartoccini.
Il programma principierà con “Qualor crudele”, una cantata per alto e basso continuo. Handel l’aveva scritta a Napoli, la più straordinaria delle città, goduta solo pochi giorni eppure indimenticabile. Un percorso articolato si mostra in queste scelte, attraverso quegli autori che hanno reso memorabile la nostra storia musicale che probabilmente fu tracciata da uno stuolo di esecutori dalla forte coscienza musicale e dalla tenace volontà “performativa”, la linea del canto è apportatrice di “segni” restituiti dalla profonda conoscenza della cinesica, dove il suono predispone al gesto e alla postura, alla mimica e al movimento. Uno dei maestri incontrati in Italia, fu Alessandro Scarlatti, del quale ascolteremo la cantata “Nel mar che bagna il bel Sebeto” – raro esempio di cantata per basso – che offre un campionario esemplare di occorrenze cinetiche-espressive destinate al cantante alfine di “ri-creare” attraverso il codice musicale un teatro fortemente evocato tutto da far rivivere, e da riscrivere, nel momento performativo quando la magia dell’interprete e tale da far vedere ciò che non si vede. Quindi, l’opera del genio di Halle verrà confrontata con quella del maestro veneto Agostino Steffani.
I due compositori s’incontrarono a Brunswick in Germania ove Agostino Steffani era divenuto maestro di cappella, incarico che lascerà designando come suo successore proprio il giovane Handel. Il confronto sarà incentrato sui duetti accompagnati da una linea di basso, forma compositiva in cui entrambi si cimentarono diffusamente e che vide nelle opere degli italiani dell’epoca, su tutti, la più alta espressione. Queste composizioni di carattere profano sono il banco di prova attraverso cui Handel riuscì a coniugare il rigore contrappuntistico tipico della scuola tedesca, che già dominava perfettamente, alla bellezza melodica tipica del bel canto italiano. Di estremo fascino le linee melodiche di questi duetti, che sono una particolare forma della cantata italiana profana e come tali rappresentavano la controparte dell’opera e degli oratori, andando ad occupare il ruolo che nel Rinascimento fu del madrigale. Di Agostino Steffani, il terzo di dodici duetti “Sia Maledetto amor”, che dà anche il titolo alla serata, latore di una scrittura che si basa su alcuni stilemi tipici della cantata del secondo Seicento, adottati da grandi esperti di tale forma, quale Giacomo Carissimi, di cui fece sua la predilezione per le tonalità minori, e Antonio Cesti, dal quale acquisì l’utilizzo estensivo del tempo ternario. Inoltre, il tessuto armonico di queste pagine è reso denso da numerosi episodi cromatici che si muovono parallelamente o si intersecano in intrecci arditi, dando vita a progressioni languide che giocano su continui ritardi e dissonanze. “È giunto in questa città un Sassone eccellente suonatore di cembalo e compositore di musica, il quale oggi ha fatto gran pompa della sua virtù in sonare l’organo nella Chiesa S. Giovanni con stupore di tutti”, così annotava Francesco Valesio, sul suo Diario di Roma, il 14 gennaio 1707. Händel aveva allora 22 anni ed era giunto in Italia l’anno prima – nell’agosto del 1706 – proveniente da Amburgo. E proprio in questa città – dopo l’incontro con Gian Gastone de’ Medici, figlio del granduca di Toscana – era maturata la decisione di tale viaggio, con l’obiettivo di approfondire la sua arte musicale direttamente “sul campo”. Dopo una prima tappa a Firenze, Händel decise di proseguire per Roma. Ben presto gli accordarono i loro favori eminenti personaggi fra cui i cardinali Benedetto Pamphilj, Pietro Ottoboni, Carlo Colonna, il Marchese Francesco Maria Ruspoli. Il fatto che nella città eterna – in ottemperanza ad un editto promulgato da Papa Clemente XI nel 1703 – fossero proibiti gli spettacoli teatrali, costrinse il “sassone” a cimentarsi con altre forme compositive quali l’oratorio, inni e mottetti sacri, e soprattutto le cantate che rappresentavano una peculiarità tipicamente italiana. Ed è proprio attraverso questa straordinaria forma che Händel si confronta sia con altri rinomati autori del periodo sia con la propria capacità di innovazione e sperimentazione. Il concerto saluterà ancora Georg Friderich Haendel protagonista con la cantata “Stanco di più soffrire”, che ci porrà di fronte alla lezione espressa dal musicista italiano, fondata su di una genuina e amabile vena lirica supportata da tecnica levigata e plasticità formale, dove la prevalente presenza dello stile contrappuntistico si stempera con un morbido ed elegante istinto melodico.
Si procederà con, sempre del genio di Halle, “Dalla guerra amorosa” cantata per basso (HWV102a), composto per il bassista Cristofano, che era stato assunto dal marchese Francesco Ruspoli per il ruolo di Lucifero ne La Resurrezione per la Pasqua del 1708. L’opera fu, poi, inclusa in una raccolta di cantate romane ad Hannover e il neo-direttore della musica di corte del duca di Brunswick-Luneburg avrebbe dato questa cantata allo stesso bassista che ha anche interpretato il ruolo del Dio delle Muse nella sua cantata su larga scala Apollo e Dafne.
Il tema di questa cantata utilizza la metafora familiare della fuga dalla guerra d’amore, che in passato ha ispirato Monteverdi in diversi madrigali. Questa toccante cantata raffigura un amante che si rende conto che è meglio fuggire dalla guerra dell’amore che essere sconfitto dal vendicativo Amor, poiché il Dio dell’amore armato delle sue frecce si nasconde dietro ogni paio di ammalianti begli occhi neri. La prima aria raffigura l’effetto traditore dell’occhio nero in una melodia disarmante e focosa che Händel ha portato con sé da Amburgo in Italia, basata sul ritornello della sua opera Die Verwandelte Daphne. In entrambi i casi, questa affascinante melodia avverte degli intrighi del dio dell’amore. Dopo un secondo recitativo che invita a fuggire dall’amore infido, la bellezza diviene protagonista e, descritta come un fiore, scende nelle regioni minori, ombrose e la sua melodia appassionata, soffusa di passi cromatici, va a raffigurare la caducità di tutto ciò che è bello sulla terra attraverso l’immagine del fiore appassito. Sul finale viene aggiunta una sezione extra che conclude questa cantata in fa maggiore, un arioso ritmicamente potente che ha un tono più urgente e attivo in quanto il grido drammatico del solista consiglia di fuggire dalla guerra dell’amore, perché chi serve Amor sarà sempre catturato dall’amore e rimarrà suo prigioniero e, quindi, sopporterà una vita senza gioia e dolorosa vita.
Chiusura della scaletta ufficiale con il duetto di Haendel “Caro autor di mia doglia”, duetto per alto, basso e basso continuo, il quale scrisse questa piccola opera vocale sempre nel breve soggiorno italiano. Un duetto sensuale intriso della scoperta di Händel della cultura italiana, in particolare arcadica, che includeva l’ascolto e la comprensione della musica di Corelli e Alessandro Scarlatti, attraverso i quali acquisì l’arte incomparabile di creare aure senza l’aiuto della rappresentazione scenica, liberando il flusso della sua fantasia musicale imprigionata dalla tradizione dei maestri di cappella.
Antonello Dorigo Dopo il conseguimento della laurea in chimica e tecnologia farmaceutiche intraprende gli studi musicali nel conservatorio “L. Refice” di Frosinone diplomandosi con lode in canto rinascimentale e barocco studiando con Gemma Bertagnolli e poi con Furio Zanasi. Presso lo stesso conservatorio si è inoltre diplomato col massimo dei voti in clavicembalo e tastiere storiche Continua la formazione vocale seguito dal contralto Sonia Prina. Si è esibito per il luglio musicale Trapanese e per il teatro Massimo Bellini di Catania, nel ruolo di Orlando nell’opera ”Orlando” di G.F. Hӓndel e nei Carmina Burana di C. Orff. Si è esibito in altri importanti contesti quali il “Festival Pergolesi-Spontini” di Jesi, e per la fondazione G.Cini di Venezia ha eseguito il ruolo di Egaro nel “Teuzzone” di A. Vivaldi. Collabora con l’ensemble portoghese “Concerto Iberico” col quale si è esibito nel ruolo di Ottone nell’opera di Monteverdi “Incoronazione di Poppea” e in altri concerti sul barocco Italiano e Portoghese e incidendo per l’etichetta MAAC i “Vespri della beat a vergine” di J.L. Rebelo.
Ha collaborato e collabora con varie istituzioni musicali romane quali l’ensemble “Festina Lente” e il Roma Festival Barocco, la cappella Ludovicea della basilica di Trinità dei Monti, l’ensemble “Athenaeum” dell’università Tor Vergata di Roma col quale ha registrato per la trasmissione “Diapason” di “Radio Vaticana” e si è esibito nel ruolo di Corrado nella “Griselda” di A. Vivaldi. Ha inciso come solista per la casa discografica Tactus la “ Messa de Morti a 5 concertata” di fra Bonaventura Rubino (1653) e la “missa in angustia pestilentiae” di B. Benevoli. Da poco uscito un disco solistico con l’etichetta Brilliant di cantate del ‘700 di scuola napoletana. Ha inoltre collaborato alla realizzazione della colonna sonora della serie TV “I Medici” cantando nel singolo di Skin, “Renaissance”. Attualmente è maestro cantore collaboratore presso la cappella musicale pontificia “Sistina” in Vaticano.
Massimo Di Stefano Ha incominciato gli studi musicali sotto la guida di Lucia Pasquale e con Antonio Di Pofi per la composizione. Ha poi proseguito lo studio del canto lirico sotto la guida di Sherman Lowe. Con Roberto Abbondanza si è perfezionato nel repertorio barocco e contemporaneo.Ha interpretato i maggiori ruoli operistici di Rossini (Don Bartolo nel Barbiere di Siviglia, Tobia Mill nella Cambiale di matrimonio, Gaudenzio nel Signor Bruschino, Germano nella Scala di seta), Domenico Scarlatti (Don Carissimo nella Dirindina), Pergolesi (Uberto nella Serva padrona), Donizzetti (Dulcamara nell’Elisir d’amore), e Serpollo nel Pastor di Corinto di Alessandro Scarlatti nella prima esecuzione dei tempi moderni. Attivo anche in ambito contemporaneo, ha interpretato in prima mondiale Decio Morra ne Il Castello di A. Samale, Don Giovanni nell’azione scenica Don Giovanni e il Marzimino di Luis Bacalov, Averroè di M. Betta, L’uomo dal passamontagna di G. D’Aquila e l’Abate in Le carte salvate di A. Tageo.Il suo repertorio comprende anche capolavori del repertorio sacro di Francesco Foggia (Sacrae cantiones), Carissimi (Missa in do maggiore), M.A. Charpentier (Extremum Dei Judicium H401 e Filius prodigus H399), Buxtehude (Magnificat), Bencini (Vespri della Beata Vergine), J.S. Bach (Cantate BWV 4 e BWV 131), Haydn (Nicolai Messe), Mozart (Messa in do maggiore KV115 e Requiem KV 626), Rossini (Petite messe solennelle e Messa di Gloria), Liszt (Via Crucis), Fauré (Requiem), Stravinskij (Messa) e Ariel Ramirez (Navidad Nuestra e Misa criolla).Tra gli impegni recenti Papageno nel Flauto magico di Mozart al Teatro Rossetti di Trieste con la regia di Giulio Ciabatti, il Requiem di Faurè e una tournèe italiana con il lavoro teatrale Opera comique di Antonio Calenda. Tra gli impegni futuri la Petite messe solennelle di Rossini al Centre Culturel Saint Louis de France a Roma.
Marius Bartoccini Ha conseguito presso il Conservatorio di Musica “J. Tomadini” di Udine. la Laurea Triennale in pianoforte con il massimo dei voti nella classe della prof.ssa Maria Grazia Cabai e il Biennio Superiore Specialistico con il massimo dei voti con lode e la segnalazione della pubblicazione della tesi “L’Evoluzione dei cordofoni a tastiera, dal monocordo pitagorico al pianoforte moderno”. Ha conseguito Masterclasses con rinomati docenti in clavicembalo come Ilario Gregoletto e Roberto Loreggian studiando inoltre fortepiano, direzione di coro, direzione d’orchestra, composizione e musica vocale da camera. Ha vinto il terzo premio alla prima edizione del “Concorso per fortepiano della città di Albenga”. Ha frequentato inoltre il Masterclass “Cembaljiada” di Lubiana, in cui ha avuto modo di studiare con Egon Mihailovic, Alberto Busettini, Maria Luisa Baldassarri e Lia Levi Minzi. Ha collaborato in qualità di continuista in diverse compagini corali, orchestrali e cameristiche. In qualità di pianista, clavicembalista, fortepianista e direttore ha partecipato a diverse stagioni concertistiche e rinomati festivals nazionali (Udine, Pordenone, Trieste, Treviso, Como, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Salerno etc) e internazionali in Italia, Slovenia, Austria, Germania, Repubblica Ceca e Portogallo, per un numero complessivo di circa 500 concerti. Clavicembalista stabile dell’Ensemble Appoggiatura sin dalla sua fondazione, svolge un’intensa attività concertistica con il gruppo, proponendo programmi di assoluto interesse musicale e storico. Si è esibito sia come solista che in diverse formazioni barocche collaborando con direttori di chiara fama come Sigiswald Kuijken e Federico Maria Sardelli. Particolarmente attivo come fortepianista, si è esibito su strumenti originali come il fortepiano Samisch del 1830 circa, Schantz del 1795, Schantz del 1828, John Watlin del 1810, Luigi Rasori del 1832, Johann Haselmann del 1810 e su prestigiose copie, nonché sugli strumenti di proprio possesso. Ha inciso in prima mondiale l’integrale della musica per clavicembalo e fortepiano a due e quattro mani di František Xaver Dušek, in un cofanetto di cinque cd, uscito a febbraio 2021 per la Brilliant Classics ed ha eseguito successivamente in un ciclo di concerti, tenuti per l’Associazione Karl Jenkins” di Roma, l’opera omnia per fortepiano di Dušek per la prima volta in tempi moderni. Assieme ad Ilario Gregoletto ha inciso l’integrale delle composizioni per fortepiano a quattro mani di Leopold Antonín Koželuh per la medesima casa discografica, sempre in prima mondiale. Il progetto è stato pubblicato a febbraio 2022. Nel luglio del 2014 collabora con l’Orchestra della Società Filarmonia, come Maestro collaboratore al pianoforte e clavicembalista nei recitativi, nell’opera lirica “Il Barbiere di Siviglia” di Gioacchino Rossini, in una tournée in Italia e all’estero.