In questi ultimi giorni non si è fatto altro che parlare della video-intervista rilasciata, durante un incontro organizzato dal quotidiano “Il Foglio”, dalla famosa stilista Elisabetta Franchi.
La stilista, dopo aver ripercorso brevemente la storia del suo successo personale e imprenditoriale come una delle più famose creatrici di moda italiane nella scena internazionale, ha espresso alcuni pareri personali in merito al ruolo della donna all’interno di un contesto lavorativo aziendale.
La Franchi ha dichiarato che, da sempre, assume solo donne che hanno superato i quarant’anni di età che sono, dunque, libere da impegni familiari e sono disposte a lavorare H24 senza causare assenze o “problemi” come quello di organizzare il proprio matrimonio o diventare mamme. Proprio per questi motivi, aggiunge, per ruoli apicali preferisce scegliere gli uomini in quanto risultano essere più concentrati e “meno fastidiosi”.
Nonostante queste durissime parole, però, la giornalista le ha fatto notare che anche lei non è solo imprenditrice ma anche mamma di due bambini e quindi si chiedeva come fosse possibile che una “donna qualunque” non potesse avere successo all’interno di un’azienda e al contempo essere madre e moglie mentre lei si.
La stilista, leggermente infastidita da questa domanda, ha subito risposto a tono affermando che nel suo caso era già stato tutto organizzato da mesi nei minimi dettagli, come si pianifica al meglio un business plan all’interno di un’azienda.
Naturalmente, l’intervento della stilista ha fatto il giro del web e in pochissime ore si è scatenato il putiferio mediatico nei suoi confronti da parte di personaggi famosi e “non” che l’hanno accusata di essere una donna priva di sensibilità che pensa solo ad affermare sempre di più il suo “potere” imprenditoriale. Dal canto suo, però, la stilista, attraverso una storia pubblicata sul suo profilo social Instagram ha affermato che le sue parole sono state fraintese scrivendo: “L’80% della mia azienda sono quote rosa di cui il 75% di giovani donne impiegate, il 5% dirigenti e manager donne, il restante 20% sono uomini, di cui il 5% manager”, aggiungendo inoltre: “La mia azienda oggi, in realtà, è quasi completamente al femminile. L’oggetto di discussione dell’evento a cui ho partecipato è la ricerca di Price, dal titolo ’Donne e moda’, da cui è emerso che nella società odierna le donne non ricoprono cariche importanti perché purtroppo, al contrario di altri Paesi, è emerso che lo Stato italiano è ancora abbastanza assente”.
“Mancando le strutture e gli aiuti, le donne si trovano a dover affrontare una scelta fra famiglia e carriera”.
In conclusione, la vicenda Franchi, per quanto sottolinei, giustamente, la presenza di un vuoto istituzionale nel mondo del lavoro che penalizza in particolar modo le donne, fa emergere anche un’evidente questione di Leadership.
O forse dovremmo parlare di crisi di leadership che, a ben guardare, riguarda non solo la stilista, ma tantissimi altri S-leader rimasti ancorati al vecchio stile di Leadership 1.0.
La Franchi rappresenta ancora una “leader 1.0”, quasi un’oligarca che “sa tutto”, che pone i suoi dipendenti all’interno di un sistema gerarchico da rispettare senza alcuna obiezione e che li fa lavorare in un clima di totale ostilità, paura, incertezza ad un’ideologia.
Uno stile di leadership non più adeguato e oggi superato dal “Leader 3.0” che rappresenta un vero un proprio cambiamento all’interno di un contesto lavorativo aziendale in cui i dipendenti diventano collabor-attori, che svolgono il loro operato per uno scopo e non per un azionista.
Si tratta infatti di un leader rivoluzionario che si prende cura di chi lo circonda, che abbatte in qualche modo il sistema gerarchico piramidale, bensì affianca, aiuta, conduce, supporta e sopporta chi lo circonda dandogli tutto il merito che gli spetta.
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